Verdi e Puccini

L’Otello di Giuseppe Verdi

Il successo della casa editrice con il suo campione d’incassi Giuseppe Verdi continua anche dopo l’Unità d’Italia proclamata nel 1861. L’Archivio documenta la stipula dei contratti con Verdi, le ristampe, le edizioni singole, le rappresentazioni. Dopo la prima di Aida (1871), per diciassette anni Verdi si dedica non tanto alla composizione, quanto piuttosto alla cura del suo podere di Sant’Agata presso Busseto, fonda una casa di riposo per musicisti a Milano, coltiva le proprie amicizie, conduce trattative per le sue opere. Dalla collaborazione con il librettista e compositore Arrigo Boito, – stimolata e tenuta in vita per merito di Giulio Ricordi – la produzione operistica di Verdi riceve nuovi impulsi. In gioventù Boito fa parte del movimento degli Scapigliati, un gruppo di artisti che rompe con la tradizione tramandata e sviluppa nuove forme letterarie. Verdi, dal canto suo, aveva da sempre uno stretto legame con i drammi di Shakespeare: nella corrispondenza arriva addirittura a chiamarlo “papà Shakespeare”.

Boito fa sua un’idea di Giulio Ricordi e convince Verdi ad intraprendere il progetto di Otello, un’opera che nell’Archivio è documentata esaurientemente e rappresenta quindi un valido esempio dell’importanza delle raccolte per la divulgazione musicale. L’entusiasmo di Verdi per il soggetto è autentico e motivato innanzitutto dal suo amore per Shakespeare, più volte nei suoi discorsi fa riferimento al testo originale inglese, le sue discussioni con Boito riguardo al libretto sono documentate in diverse lettere. La drammaturgia shakespeariana corrispondeva a ciò che Verdi intendeva con il concetto di “inventare il vero”. Il carattere dei personaggi dei drammi di Shakespeare era secondo lui “vero” nel senso di “verosimile”. Al “copiare il vero”, egli opponeva quindi il più nobile principio dell’“inventare il vero”.

L’Otello verdiano può essere studiato a tutto tondo attraverso i documenti custoditi nell’Archivio. Si parte dal contratto originale tra Verdi e Ricordi, stipulato il 17 dicembre 1888 e autenticato da un notaio milanese di nome Giovanni Bertolè, che regola la cessione dei diritti sulla musica e il libretto in cambio di un onorario di 200.000 lire, scaglionato in percentuali e rate. Al contratto è allegato un documento, con cui Arrigo Boito cede a sua volta a Verdi i diritti sul libretto, per la relativamente modica cifra di 4.000 lire. L’autografo della partitura oggi può essere esaminato anche a schermo, dato che ne è disponibile una versione digitalizzata: sia da questa che dalle carte dell’autografo, salta subito all’occhio la sobrietà della notazione verdiana, la scrittura rotonda, conchiusa e dimessa. Un tomo a parte contiene il ballabile scritto appositamente per la rappresentazione all’Opéra di Parigi, anch’esso tema di uno scambio epistolare tra Giulio Ricordi e Verdi nel maggio del 1887. La descrizione del balletto fatta da Verdi in apertura, mostra il suo laconico senso dell’umorismo: “Subito al principio all’attacco delle trombe dovrebbe comparire un gruppo di Schiave Turche che ballano svogliatamente e di mal umore perché schiave …”. In Archivio sono conservati anche alcuni esemplari delle partiture a stampa destinate al noleggio con le correzioni apportate dai direttori d’orchestra e talvolta inserite nelle edizioni successive.

Di Otello nell’Archivio sono conservate diverse edizioni del libretto. Provvisto di annotazioni è ad esempio l’esemplare che Giulio Ricordi aveva con sé alla prima dell’opera alla Scala, in cui registrò fedelmente gli applausi del pubblico nelle varie scene. A riscuotere il maggior successo sono naturalmente i pezzi di bravura: il coro all’inizio del primo atto, Fuoco di gioia, che salutava il ritorno di Otello vittorioso; il “brindisi” di Jago sempre nel primo atto con cui questi, spingendo il suo concorrente Cassio a ubriacarsi, comincia a tessere l’intrigo; la scena del “giuramento” tra Otello e Jago di vendicarsi del presunto tradimento di Desdemona, alla fine del secondo atto; l’Ave Maria di Desdemona nel quarto atto, che frutta addirittura un “da capo”. In calce al testo del libretto Ricordi annota l’esatta sequenza dei sipari. Nell’Archivio sono conservate inoltre diverse versioni del libretto in lingue straniere: francese, ceco, tedesco, portoghese.

Continuando l’esame della documentazione relativa a Otello, la prossima raccolta da considerare è quella dei bozzetti scenografici e dei figurini della prima. Gli schizzi dei costumi sono del disegnatore e illustratore Alfredo Edel (1856–1912), costumista della Scala tra il 1880 e il 1890. In Archivio sono presenti sia i disegni originali dei figurini che quelli delle scene. Chi può sottrarsi al fascino di questi straordinari documenti?

Una particolarità è rappresentata dai volumi delle disposizioni sceniche, che riprendono la tradizione francese della mise-en-scène. Per Otello, troviamo queste disposizioni per la prima dell’opera in una copia redatta da Giulio Ricordi. Esse danno indicazioni minuziose sull’esecuzione e l’ordinamento degli elementi scenici, sulla composizione e le modalità di impiego del materiale di scena, sui movimenti che i cantanti e il coro devono eseguire, sui tableau che ne risultano. Similmente illuminanti nell’ambito della storia della messinscena, sono in questo contesto le tavole di attrezzeria che illustrano il materiale di scena da utilizzare e che troviamo nell’Archivio non solo per Otello ma anche per molti altri titoli come Madama Butterfly (disegnate da Giuseppe Palanti) e Turandot (da Umberto Brunelleschi) di Puccini.

I fondi dell’Archivio consentono di ricostruire anche i dossier completi di altre importanti opere del teatro musicale: Un ballo in maschera, Aida e Falstaff di Verdi, La bohème, Tosca e Madama Butterly di Puccini, Mefistofele e Nerone di Boito, La leggenda di Sakuntala di Franco Alfano e Iris di Pietro Mascagni. In questo modo è possibile accostarsi al fenomeno dell’opera lirica, un genere in bilico tra arte e commercio, specchio degli sviluppi in campo artistico e sociale, forma d’arte ibrida i cui prodotti sono continuamente reinterpretati e attualizzati nei teatri lirici moderni, e attraverso i documenti dell’Archivio apprenderne la genesi e comprenderne l’effetto.